domenica 10 marzo 2013

Tutte le altre


Ieri ho assistito alla presentazione bolognese di Di mamma ce n'è più d'una di Loredana Lipperini (Feltrinelli) condotta da Giovanna Cosenza e Wu Ming 1.
Quando, circa un anno fa, venni a sapere dalla sua bacheca Facebook che Loredana Lipperini stava scrivendo un libro sul tema della maternità in Italia, le scrissi subito, presentandole le mie preoccupazioni. E quelle preoccupazioni lei ha raccolto, riportandone fedele testimonianza nelle pagine del libro, assieme a tutte le voci che ha raccolto dalla rete e non solo.
Di questo libro spero di scrivere qui presto.
Intanto vale decisamente la pena di dire qualcosa sulla presentazione di ieri.
Piacevole, ricca e interessante come questo tema così generoso inevitabilmente pretende, ma in più serena senza il bisogno di essere banale, e questo lo trovo una rarità.
Perché, ha chiesto Loredana Lipperini, tutte le donne non si uniscono per rivendicare, insieme, tutti i diritti femminili, e non solamente quelli che rispondono alla propria visione dell'esperienza materna, "naturalista" o "modernista" che sia?
Perché non esiste un solo, forte movimento a protestare per i troppi cesarei in Sicilia e i troppo pochi in alcuni reparti del Nord, per il diritto all'epidurale negato e per il diritto al parto naturale negato, per i congedi parentali troppo brevi e per i troppo pochi asili nido?

Su queste domande nasceva questo blog poco più di un anno fa. E nel primo post riportavo lunghi brani da Non di sola madre di Elena Gianini Belotti per mostrare come, in un classico del pensiero femminista italiano di trent'anni fa, i modelli di maternità e di femminile già allora presenti e schiaccianti fossero però leggermente diversi da quelli di oggi, e fosse possibile, per esempio, vedere Leboyer e Odent criticati non da un'agguerrita epiduralista, ma dall'interno dello stesso movimento per il parto naturale, che in quegli anni lottava per ottenere demedicalizzazione e rooming-in.
Oggi è quasi impossibile, per le donne con prole che ragionano e discutono di questi temi, sfuggire ai due poli del conflitto tra madri natura e madri cultura (sebbene quasi tutte le madri in carne e ossa stiano sempre da qualche parte nel mezzo, incluse le militanti dell'una o l'altra fazione).
Ma se in fondo si è sempre qualcosa d'altro, e se entrambi i modelli sono pericolosi e soffocanti, però entrambi contengono anche ragioni d'essere e istanze fondamentali, come raccontarci?
Perché il racconto e la rappresentazione di noi stesse, delle nostre vere realtà, sono condizioni di partenza per rivendicare diritti, immaginare percorsi e proposte, per collocarci in modo costruttivo in questa crisi economica, politica e sociale che nelle sue stesse voragini apre però anche spazi di azione.
Giovanna Cosenza ieri raccontava che coi suoi studenti si è impegnata a decostruire lo spot della Procter & Gamble che emoziona e commuove mostrando alcuni atleti che, grazie alle cure materne, arrivano alla vittoria olimpionica da condizioni di partenza svantaggiate. Slogan: The best job in the world. Gli studenti, con un vago disagio, chiedevano: se si decostruisce il modello, cosa rimane?
Come raccontare l'emozione e la bellezza dell'essere genitori, le sue difficoltà e bisogni facendo a meno di retoriche avvilenti e ruoli precostituiti?
E' questa la sfida. Raccontare. Raccontare la maternità prismatica. Fare attenzione alle parole giuste.
Ma chi deve raccoglierla?
Un anno fa credevo che si trattasse di convincere le madri naturaliste a leggere Simone de Beauvoir da un lato, e le mamme acrobate a leggere un po' di psicopedagogia divulgativa dall'altro.
Mi sbagliavo. Quelle che devono spiegare come stanno le cose sono tutte le altre. Un problema è che gli estremisti hanno una forte motivazione a urlare e ad emergere che è connaturata nel loro estremismo. Chi sta in mezzo più difficilmente si espone.
Ma sono sicura che ha tanto da dire. Sarebbe bello cominciare a raccogliere queste storie di parto, di adozione, di allattamento, di congedi, di rientri, di coppie, di singletudine, di precarietà o di fortuna, di decrescita imposta oppure scelta, di senso di potenza e di impotenza.
Un po' come aveva iniziato a fare Calenda Maia nel blog ilmioparto, il cui sottotitolo era, non a caso, Raccontare.
Sarebbe bello anche che tutte le donne leggessero queste storie, e si ascoltassero le une con le altre.
Per iniziare.

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